Privacy Policy
- Personalizza tracciamento pubblicitario
A questo punto è bene ricordare una cosa: in Occidente con meditazione, o meditatio, di solito si intende di scegliere un passo del
Vangelo sul quale riflettere, pensare, per poter giungere a una maggiore e più profonda comprensione del messaggio del Cristo. All'alba dell'incontro con le dottrine orientali, gli studiosi occidentali hanno definito "meditazione" tutta quella serie di pratiche ascetico-concentrative caratteristiche delle filosofie orientali. Ma, in ambito buddhista, il termine sanscrito che indica tali
pratiche in generale è bhavana: esso deriva dalla radice verbale bhu, che vuol dire "essere". Pertanto bhavana può essere tradotto come esserci, esserci di più, ora.
Dunque la pratica contemplativa buddhista non deve rimandare a una cogitazione continua, bensì a un essere totalmente calati nel momento presente. Si tratta in altre parole di essere completamente consapevoli di se stessi, del proprio corpo, dei propri pensieri, e di ciò che ci circonda.
Buddha, l'illuminato, è colui il quale è completamente sveglio, assolutamente calato nella irripetibile bellezza del momento presente, ed è proprio alla luce di tale fatto che nella tradizione Zen si arriva ad affermare che zazen è satori, e cioè che la pratica della meditazione è l'illuminazione: in altre parole se essere illuminati vuol dire essere completamente calati nel momento presente, e se meditare vuol dire esserci totalmente, allora i due termini coincidono.
La tradizione Zen si chiama in tal modo proprio perché avendo compreso l'importanza della pratica seduta, su essa pone un forte accento. Ma come si fa a fare zazen, o meglio la meditazione (zen) seduta.
Innanzitutto occorre scegliere un posto dove sedersi che sia tranquillo, non troppo caldo nè troppo freddo, e poi indossare un abito ampio, comodo e possibilmente scuro. Scelto un cuscino consistente, occorre sedersi su di esso a gambe incrociate, per quaranta minuti circa, anche se all'inizio è possibile sedersi per un periodo minore.
La posizione da assumere è quella del loto completo: il piede destro che poggia sulla coscia sinistra e il piede sinistro che poggia sulla coscia destra. Tale posizione ha una valenza sia simbolica che pratica. Da un lato infatti simbolizza il loto, il fiore che, pur affondando le sue radici nella melma, si leva alto verso il cielo con i suoi petali arancioni, colore del sole nascente e della
rinascita spirituale. Dall'altro invece la posizione del loto è estremamente pratica perché salda, stabile. Bisogna aver cura di sedersi in pizzo al cuscino e di far toccare bene a terra le ginocchia. In tal modo si viene a formare un tripode che dona stabilità e vigore a tutta la postura e permette alla schiena di stare naturalmente dritta, senza grossi sforzi. E' possibile sedersi anche nella posizione del mezzo loto, con il piede destro sulla coscia sinistra o viceversa, cercando comunque di ricreare la stabilita di detto tripode.
La schiena deve essere mantenuta bene dritta, le mani toccano con il taglio interno l'addome e la sinistra poggia sulla destra.
La misura della corretta sovrapposizione delle mani viene data dal dito medio sinistro, la cui falange centrale deve coincidere con la falange centrale del medio della mano destra. La punta dei pollici si sfiora a formare un perfetto ovale, che va mantenuto per tutta la durata della seduta. Questa posizione delle mani viene chiamata in giapponese hokkaijoin, o sigillo dell'Oceano del
Dharma, ed è simbolo e indice della concentrazione: infatti se ci si assopisce i pollici si allentano e formano la cosiddetta "valle", se invece ci si accanisce in un turbinio di pensieri i pollici premono forte l'uno contro l'altro andando a formare un "monte". Inoltre è anche molto importante il movimento che si compie per assumere tale posizione. Le due mani partono da lati opposti e convergono verso il centro. Allo stesso modo la mente che di solito è dissipata, distratta in pensieri che la trascinano avanti e indietro, dovrebbe, all'inizio della seduta, ricentrarsi, focalizzarsi.
Le spalle devono essere rilassate e i gomiti distanziati dal corpo. Gli occhi, a differenza di altre scuole meditative, vengono tenuti aperti, e questo per il semplice motivo che il mantenere gli occhi chiusi, anche se all'inizio della seduta può risultare molto calmante, difatto poi induce sonnolenza. Di solito si chiudono gli occhi quando si vuole dormire, mentre quando si è svegli gli
occhi sono aperti. Ora, se questa deve esser la pratica del Risveglio, è bene che il corpo assuma l'atteggiamento di una persona sveglia.
Il mento deve essere rientrato e la nuca tesa: l'immagine che la tradizione Zen offre per aiutare il praticante ad assumere una corretta postura è quella di una colonna che a un'estremità spinge la terra in basso, e all'altra spinge in alto il cielo. In tal modo chi pratica diventa una sorta di asse cosmico che unisce le sfere celesti alla terra: il palo attraverso il quale è possibile raggiungere il cielo, o meglio l'Assoluto.
|